venerdì 28 febbraio 2014

Sopravvivere ad un ricovero ospedaliero: un vero miracolo!

Questa disavventura è capitata a me e la posso raccontare solo grazie alla mia "sfiducia totale nella medicina e nei medici in genere".

Alla vigilia di un Ferragosto non troppo lontano, mi sono svegliata, al mattino, con la gamba sinistra tre volte più grossa della destra tanto era gonfia, ed avevo un dolore  insopportabile. Non riuscivo a stare in piedi, non potevo camminare né stare seduta. Fare le scale era un sogno impossibile.

Al pomeriggio, visto che la situazione stava peggiorando, mio marito decide di chiamare il medico di famiglia, il quale "consiglia" di andare al pronto soccorso per una sospetta trombosi.

Alle 16,30 dopo aver raccontato agli infermieri dell'accettazione cosa avevo mi sono seduta in attesa di vedere un medico. "E' un codice verde" mi hanno detto "avrà parecchio da aspettare". Detto fatto.
Alle ore 22,00 (dopo 5 ore e mezzo di attesa, seduta su una sedia di metallo, rigida e scomoda), con le lacrime agli occhi per il dolore, mi arrampico (finalmente!), anche se con molta difficoltà, sul lettino del medico (donna) di turno.

In un attimo mi  misura la pressione e la saturazione, mi fa un prelievo del sangue, mi mette una flebo di fisiologica e mi fa una puntura di Clexane (calciparina). Anche lei ipotizza una trombosi (ma non ero un codice verde?)

Verso le 23,30 il responso: grave trombosi in corso con rischio di embolia (il Dimero superava 60) e grave anemia (Emocromo 7,5)

Mi propone trasfusione e ricovero immediati perché secondo lei sono" un morto che cammina". Naturalmente rifiuto entrambi, le chiedo di darmi la cura e di rispedirmi a casa. Inizia un tira e molla che si conclude due ore dopo, dopo aver fatto un RX torace (per sospetta embolia in corso) e piede (per sospetta frattura), naturalmente entrambi negativi. 

Ma la dottoressa è preoccupata anche per alcuni miei fibromi (troppo voluminosi) che convivono con me da talmente tanti anni che ormai li chiamo per nome.
Non ne vuole sapere di dimettermi e comincia ad elencarmi tutti i possibili rischi connessi col ritorno a casa (embolia, ictus, infarto...). alla fine spaventa mio marito ed io, per farlo stare tranquillo, acconsento.
Mi trasferiscono in reparto e, poiché la dottoressa è convinta che i miei organi siano particolarmente in affanno per via dell'anemia, già che c'è, alle due di notte mi fa fare un emogas (esame semplice ma doloroso) che si rivelerà anch'esso inutile.

La mattina dopo nuovo prelievo e qui la brutta notizia: l'emoglobina è crollata a 6,8 e non ci sono più scuse: è necessaria la trasfusione. Faccio una prima sacca poi mi spediscono in medicina dove farò la seconda.

In medicina si respira aria di ferie, arrivo all'ora di pranzo ...a ferragosto e c'è poco personale in giro. Arriva una dottoressa piccola e tignosa che mi fa un interrogatorio serrato con l'intento di farmi ammettere che i miei fibromi fanno male, che sono aumentati in maniera anomala negli ultimi giorni !?! e così via. Mette anche in dubbio il fatto che si tratti di fibromi. Non serve a nulla ripetere che sono lì ormai da 15 anni... 

"Vedremo la TAC" conclude "così sapremo esattamente di cosa si tratta perché sul referto ci sarà scritto..."
La mattina dopo (venerdì) altro medico altra anamnesi, mi visita un po' preoccupato e mi preannuncia una TAC per il giorno dopo. Fu una bruttissima esperienza: l'iniezione di iodio mi provocò una sensazione di calore come se mi stessi liquefacendo e, ad un certo punto, persi il ritmo: respiravo quando non dovevo, mi muovevo, insomma facevo tutto ciò che non dovevo fare.
Finalmente il supplizio finì e con una scassata autoambulanza mi riportarono a destinazione. Il responso non fu dei migliori e venne chiamato a consulto un ginecologo anzi, il primario di ginecologia dell'ospedale.

Lui mi visita e che fa? mi consiglia (ero anemica con rischio di embolia, in piena trombosi e crisi emorragica), caldamente tra l'altro, di fare "subito" l'intervento per l'eliminazione dei fibromi, perché tra l'altro "sono loro che hanno causato la trombosi (?1?)" anzi no, prima bisogna fare un intervento per mettere dei filtri alla vena cava per evitare che durante l'intervento possa partire un embolo e poi, sì poi subito l'intervento perché, secondo lui, "non c'é tempo".

Alla mia richiesta di precisazione sulla frase "non c'è tempo" si mostra molto evasivo. Cerco di collaborare e gli faccio presente che per risolvere il problema "fibromi" basta una dieta appropriata povera di proteine... quasi mi scoppia a ridere in faccia. Gli rispondo che l'ho già sperimentata ed ha funzionato... faccia scettica...  mi tratta come un essere inferiore, forse mi vede come una paziente stupida che può infinocchiare come vuole. 

Ma io vedo lui come un emerito imbecille che disonora la sua professione e, in un attimo, mi scatta la reazione: comincio allora a fargli domande precise su alcune cose che dovrebbe conoscere alla perfezione tipo "perché in quindici anni che convivo con i fibromi solo ora avrebbero dato tante noie? Per quale motivo avrebbero causato la trombosi? Con quale meccanismo? E come fa ad escludere altri motivi molto più validi quali l'immobilità di 15 gg dovuta ad una brutta distorsione alla caviglia? O l'esagerata perdita di liquidi dovuta ad una febbre persistente e molto alta (39,5°) durata una settimana e senza ragione apparente né sintomi di alcuna natura?": Naturalmente le mie domande restarono senza risposta ed alla fine guardandolo con molta commiserazione gli dissi che se non aveva altro da proporre poteva pure andarsene perché io quell'intervento, non avevo alcuna intenzione di farlo.

Due minuti di silenzio da parte sua (forse gli sembrava di aver capito male: "com'è possibile che una paziente (donna per giunta) osa mettere in dubbio il suo illustre parere?" Comincia poi  a fare strani discorsi con velate minacce del tipo che senza intervento "la trombosi non sarebbe guarita mai, che sarei vissuta tutta la vita col rischio di embolia e avrei dovuto prendere il Clexane a vita..." lo confesso: se non avessi una profonda avversione nonché sfiducia nella categoria dei medici avrei anche potuto credergli ma lo guardai con la solita aria di commiserazione e finalmente se ne andò sdegnato biascicando parole senza senso.

Presuntuoso e incompetente! Certo un intervento di quel genere avrebbe portato all'ospedale svariate decine di migliaia di euro mentre il fatto che io avessi più del 95% di probabilità di restarci secca era solo un "danno da effetto collaterale della cura". Mica si trattava della sua pelle! Invece di consigliarmi la cosa più semplice era andato a prendere non solo la strada più tortuosa ma anche la più pericolosa per la vita della paziente (in questo caso io) calpestando totalmente il Giuramento di Ippocrate. 

Mi sorge un dubbio: ma l'ha fatto? Anzi due: ma si è laureato?

Tra stenti e pene continuò la mia cura di calciparina più un'altra trasfusione perché le emorragie (grazie alla dieta ospedaliera ricca di proteine animali e quasi nulla di frutta e verdura) non accennavano a diminuire e la mia emoglobina era sempre sollo il livello di sicurezza.

Ma finalmente mi dimisero con la gamba ancora gonfia e dolorante e tutto il resto dei malanni. "Devi camminare il più possibile" mi disse il medico consegnandomi le ricette varie per i farmaci da acquistare.

Non me lo feci ripetere due volte e, appena uscita, cominciai a camminare (in casa perché mi girava la testa e avevo ancora forti dolori alla gamba e non mi fidavo ad uscire) dalle 4 alle 6 ore al giorno mentre contemporaneamente, poiché volevo ritornare "normale" prima possibile, iniziai una dieta totalmente priva di carne (rossa e bianca) e formaggi.

Uniche fonti di proteine 1 Yogurt (100 gr) e una fetta di dolce a scelta (70-80 gr) a colazione mentre a pranzo e a cena, a rotazione, 30 gr di tonno o salmone in scatola al naturale, 100 grammi di merluzzo lesso o baccalà o stoccafisso, oppure due albumi d'uovo. Verdura di tutti i tipi in porzioni maxi (300-400 gr per volta), frutta fuori dai pasti (4 tipi diversi al giorno).

E inoltre: zuppe di verdura, centrifugati di verdura, cereali e legumi...

La dieta è buonissima, la mia golosità viene soddisfatta a colazione e non mangio più schifezze come fritti, salumi, salse grasse, dolci extracalorici (con burro, mascarpone) e così via.

Vino e birra raramente, due dita a pranzo. Ah niente sale, io condisco tutto con olio Extravergine di oliva, limone e alghe essiccate.

E' passato un anno e mezzo, sono calata 10 kg, non ho più l'anemia ed il mio giro vita è ritornato quello dei miei 18 anni, i fibromi si stanno "sciogliendo",

ma di tutto questo devo ringraziare solo me stessa e la mia testardaggine!