lunedì 28 ottobre 2013

RSA e HOSPICE in Italia: con licenza di uccidere

Questa è la vera storia di un anziano ottantaseienne malato e infermo che nessun ospedale vuole e che tutti cercano di eliminare.
Hospice - RSA


All'inizio della storia il nostro paziente viveva in casa da solo, si muoveva tranquillamente con le sue gambe, anche se lentamente, a volta con l'aiuto di un bastone. Un assistente a ore lo aiutava a lavarsi e vestirsi. Percepiva una pensione minima con la quale riusciva a malapena a sopravvivere.

Il suo calvario è  iniziato il primo di Febbraio quando, con una PSA in continuo aumento ed una prostata non più rispondente alle cure ormonali, l'urologo curante richiede una TAC addominale di verifica della situazione. Il referto viene definito dall'urologo "disastroso" e vengono invitati i familiari a desistere dalle cure perché "tanto ormai è solo questione di tempo".

Contemporaneamente, in seguito ad una emorragia vescicale, al pronto soccorso dell'ospedale viene messo al paziente un catetere vescicale. Da lì inizia a camminare con l'aiuto di un deambulatore al quale appoggia la sacca del catetere e ad avere una assistenza notturna con un costo pari ad 800 Euro al mese.

I familiari non sono comunque di quelli che si arrendono senza fare nulla e decidono di sottoporlo alla TERAPIA DI BELLA, naturalmente non riconosciuta dal SSN, con un costo mensile di circa 800 Euro ai quali si aggiungono altri 800 Euro mensili per l'assistenza notturna in casa.

Il paziente sta bene fisicamente finché, dopo quattro mesi di terapia, e varie altre corse al pronto soccorso dell'INRCA per ematuria (sangue nelle urine), viene ricoverato per una infezione vescicale e per anemia grave dovuta ai contini sanguinamenti. Gli esami rivelano anche che una precedente insufficienza renale si sta aggravando ma i medici sono dell'idea di non fare niente perché tanto "vista la malattia...". E' la metà di Giugno.

Ma i familiari insistono e riescono a fargli fare una ecografia che rivela una grave congestione ai reni. L'urologo interpellato consiglia di effettuare una stomìa renale (inserimento di un catetere nel rene per far defluire l'urina evitando il passaggio nella vescica) con l'accordo che, se il sistema avesse funzionato, avrebbe effettuato l'intervento anche sull'altro rene eliminando, a questo punto, il catetere vescicale che creava continue ematurie.

L'unità di medicina dell'ospedale, nel quale era stato nel frattempo spostato, decide però, di sua spontanea volontà, di non far effettuare il secondo intervento e ne dispone il trasferimento in HOSPICE, dicendo ai familiari che lì dovrà fare riabilitazione finché non sarà in grado di ritornare a casa.
Lo dimettono con due cateteri, pannolone permanente, lavaggio vescicale continuo e piaghe da decubito alla schiena. Data del trasferimento 5 Luglio presso l'Hospice.

Ben presto sia il paziente che i  familiari si rendono conto che "quello è un posto per malati terminali, dove il paziente non sarà mai rimesso in piedi, anzi..."

Cominciano spiacevoli episodi che danno adito a scontri dei familiari con infermieri e medici:
-  poiché il paziente guarda i programmi serali della tv viene dichiarato "insonne" e, qualche solerte infermiera decide di somminstrargli il LORAZAPAM provocandogli alterazioni nella percezione temporale (scambia improvvisamente i giorni, confonde la mattina col pomeriggio)  e catatonia, i familiari si accorgono del farmaco e chiedono all'infermiera di non usare più quel farmaco;
- dopo una settimana di antibiotici, tra l'altro il cibo spesso puzza e sembra avariato, il paziente comincia ad avere inappetenza, diarrea, vomito e mal di pancia:un medico molto solerte decide di somministrargli fiale di MORFINA rendendolo totalmente assente, nuovo intervento dei familiari, stavolta sui medici i quali, confessano candidamente di avere solo farmaci antidolorifici, per lo più pesanti, e di essere totalmente sprovvisti di fermenti lattici, l'unica cosa di cui aveva bisogno il paziente in quel momento.

E' chiaro ormai che essendo la permanenza media in HOSPICE di circa 27 giorni, poiché il paziente non risulta così terminale come dovrebbe essere, medici ed infermieri stanno cercando di accelerare il peggioramento delle sue condizioni di salute. 

Dulcis in fundo, il medico che aveva prescritto la MORFINA, non contento dei danni provocati fino a quel momento, si presenta dal paziente, dicendogli che i suoi familiari vogliono farlo stare male ma lui non è tenuto ad ascoltarli perché loro (i medici) stanno lì apposta per non farlo soffrire.

Nuovo colloquio, stavolta col responsabile della struttura, il quale ammette che il paziente non solo non è terminale ma non doveva neanche essere mandato lì quindi lo terranno in HOSPICE finché i familiari non si attiveranno per trovare un'altra soluzione. E' la metà di Agosto.

I familiari si incontrano col medico di base del paziente e con le assistenti sociali che suggeriscono un trasferimento in RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) per avere questa riabilitazione che serve per poterlo riportare a casa. Il 5 Settembre viene trasferito in RSA (all'interno dello stesso ospedale) con la richiesta specifica di riabilitazione.

Tale struttura prevede che farmaci, sacche dei cateteri, pannoloni e traverse siano pagate dai malati. Inoltre, dopo due mesi di permanenza scatta il pagamento di una retta di 33 Euro al giorno.

Purtroppo l'ospedale è lo stesso, le terapeute sono le stesse, la caposala è la stessa e tutte d'accordo dichiarano di non poterlo rimettere in piedi perché con i massaggi ed i piegamenti il paziente lamenta dei dolori: sfido io dopo quattro mesi che sta a letto senza muoversi e con le piaghe da decubito che lo costringono a stare in posizioni fisse!

Su insistenza dei familiari, in occasione del cambio mensile del catetere, viene richiesta una visita urologica che rivela solo una prostata dura e irregolare. Altri esami verranno svolti su marcatori vari che, comunque, danno valori sballati anche per una semplice infiammazione così come anche il valore della PSA. E' la fine di Settembre. (Dalla prima diagnosi infausta sono passati 8 mesi)

Passa qualche settimana, il paziente si lamenta per dei dolori intestinali dovuti ad aria nella pancia (gli davano da mangiare fagioli frullati!) ed un altro (sigh!) medico solerte decide di fargli applicare dei CEROTTI DI MORFINA "perché ormai la malattia..." ma nessuno ha mai più concesso la possibilità di fare una TAC per controllare la situazione. I familiari chiedono che venga sospesa la cura di oppioidi perché ritenuta non idonea al caso.

Il 9 Ottobre i familiari vengono convocati dallo staff della RSA per decidere la destinazione del paziente perché la RSA non può tener pazienti stabilizzati.  (Ma non erano nate per questo le RSA?)

Appurato, dal racconto della situazione relativa ai mesi precedenti al ricovero, che le sue patologie non gli consentono di essere seguito a casa, l'assistente sociale della RSA si offre di trovargli adeguata sistemazione in RP (Residenza Protetta). I familiari fanno un giro di telefonate: nessuna residenza è attrezzata nel modo giusto (serve quanto meno un infermiere a tempo pieno che sia in grado di provvedere a cambi di flebo, lavaggi...).

Con fare intimidatorio la "caposala" avverte anche i familiari che "il rifiuto della cura" comporta già da solo le dimissioni automatiche. I familiari fanno presente a questo punto che non c'è stato rifiuto della cura, bensì del farmaco, sicuramente tropo pesante per le necessità del paziente.

Ma non è finita qui. Una notte il paziente ha sofferto di attacchi di panico ed il medico di turno gli ha prescritto XANAX (benzodiazepine pesanti) al bisogno. Fortunatamente non ha avuto più attacchi di panico ma c'è un problema.

Il paziente,  un anziano di ottantasei anni, è, al momento, portatore di due cateteri (vescicale e renale), con protesi all'anca, pannolone permanente, allettato da quattro mesi, con piaghe da decubito e bisognoso di lavaggio vescicale continuo. Ma non ha dolori particolari, tranne alle articolazioni quando viene girato per le pulize, ed ha condizioni generali buone. Buona la funzione renale, in via di sistemazione l'anemia.

Se non lo "drogano" è vigile e sveglio: mangia normalmente, parla, fa i cruciverba, guarda la televisione; in una parola: vive.
E' questo che forse dà fastidio ad una infermiera (l'unica) che quando è di turno gli somministra sempre lo XANAX mescolandolo con la PARACODINA, che dovrebbe prendere per la tosse in caso di necessità.
Tra l'altro a lui dice che si tratta di gocce per la tosse, mentre ai familiari, che l'hanno colta sul fatto, ha detto che servono per farlo stare tranquillo (ma lui dorme tranquillamente da solo).

Anche nelle RSA quindi, il personale sanitario cerca (con MORFINA e BENZODIAZEPINE) come negli HOSPICE, di eliminare i malati che hanno troppo bisogno d cure e impegno da parte del personale.

I familiari sono disperati ed esasperati, non si fidano più di nessuno, e vogliono fare una denuncia generale anche perché hanno paura che prima o poi riusciranno nell'intento di eliminarlo. Come si può risolvere il problema? Quali strutture possono intervenire evitando che vengano fatte poi pressioni sul malato? (Vedi il caso HOSPICE)

Quanti reati hanno commesso queste strutture nel trattamento di questo paziente e dei loro familiari?
Hanno detto il falso, hanno tentato di eliminarlo, hanno tentato di intimidirlo/i, è questo il trattamento a cui va sottoposto un malato?
In questo caso i familiari vigilano e qualcosa riescono a contrastare ma quanti pazienti sono morti a causa della fiducia dei familiari che si fidano ciecamente di medici e  infermieri?

E' questa la fine che attende tutti gli anziani che vengono spediti in HOSPICE o RSA dagli ospedali che non li vogliono curare? Diventare terminali per forza per liberare la società del loro peso? Essere uccisi perché costano troppo alla Sanità?

Come fidarsi ancora di medici, infermieri e Ospedali?

Ma la MEDICINA non ERA quella scienza che studiava il modo di curare le malattie? ERA sì perché ora è diventata la scienza che studia il modo di uccidere le persone (malati e non).

Ed RSA ed HOSPICE sono strutture con licenza di uccidere dove viene praticata sistematicamente l'eliminazione dei più deboli(i malati) peggio che nei lager nazisti.

Ma è per questo che sono nati HOSPICE ed RSA?

N.B. La storia è rigorosamente  vera anche se, per la Privacy, sono stati omessi nomi e luoghi.

Naturalmente la storia non è finita qui perché i familiari si sono poi  rivolti al Tribunale per i Diritti del Malato sperando in un intervento reale, ma tant'é, tralasciando completamente il problema, quelli inviano una lettera all'RSA senza neanche richiedere chiarimenti quasi fosse una mera comunicazione. Col risultato che quando l'RSA chiama quelli del Tribunale del Malato per un incontro, si può permettere di dare spiegazioni che non stanno né in cielo né in terra dimostrando anche loro di non aver capito niente (forse che nessuno dei tanti sappia leggere l'italiano?).

Nel frattempo, mentre loro si trastullavano con lettere e letterine,  i farmaci incriminati sono stati definitivamente sospesi ma, l'infermiera pazza colpisce ancora e stavolta in maniera pesante, complice infatti un blocco del drenaggio della stomìa renale, nell'arco di due giorni il paziente corre il rischio di andare all'altro mondo.

Intuendo che qualcosa non quadra (non mangia da tre giorni e sta diventando di un colore grigiastro) i medici lo spediscono all'Ospedale più vicino (tra l'altro lamenta forti dolori alle piaghe da decubito) per un controllo alla nefrostomia ed una consulenza generale. Dopo sei ore di anticamera in tre reparti diversi quelli cambiano il catetere della stomia, la sacca e lo rispediscono all'RSA.

ùNé all'INRCA né all'RSA sapevano (?) che quel catetere va sostituito entro tre mesi dal posizionamento.

Ma il paziente continua a stare male (si stava infatti accumulando il farmaco nel suo organismo visto che i reni non producevano più urina) ed i medici dll'RSA, nel pomeriggio, decidono di chiamare il 118 e mandarlo per sicurezza a fare un controllo al'INRCA (dove tra l'altro aveva fatto l'intervento).
Lo visita un medico "serio" che esegue subito esami del sangue, ecografie e radiografie. Accerta che la stomìa renale funziona ma che la sua malattia nel tempo è un po' peggiorata. Decide comunque di tenerlo in osservazione per la notte per poi trasferirlo in qualche reparto il giorno dopo.

Il pomeriggio successivo la dottoressa di turno al Pronto Soccorso chiama i famigliari chiedendo se vogliono riportarlo in RSA o trasferirlo in qualche reparto perché loro devono liberare il letto (come se fosse un sacco di patate!). I famigliari obiettano che non è possibile riportarlo in RSA perché dopo solo una notte di permanenza non si può dire che il paziente sia stabilizzato e, poiché l'RSA non è attrezzata per le emergenze, è preferibile tenerlo ancora qualche giorno in reparto.

Tra l'altro i famigliari la sera stessa, parlando con una dottoressa dell'RSA, scoprono che nel periodo natalizio, fino alla Befana, la struttura è completamente sguarnita di medici e c'è solo il medico di guardia per le emergenze. La stessa dottoressa fa inoltre presente che, poiché il paziente non può più essere definito "stabile", l'RSA non è più la soluzione adatta per lui.

DOMANDA : Qual'è a questo punto la soluzione adatta?

Nel frattempo il Pronto Soccorso ha trasferito il paziente in Geriatria sempre all'interno dell'INRCA. Le stanze sono pressoché invivibili, piccolissime, due letti appiccicati, due comodini, due sedie , un tavolo appiccicato ad un letto, l'armadietto nell'antibagno. Non c'è neanche il posto per mettere una sdraio per l'assistenza notturna:

La prima pillola che portano naturalmente é il TAVOR (benzodiazepine) ma il paziente dorme già ed i famigliari, visto che col TAVOR la notte precedente ha avuto gli incubi, chiedono di non dargliela. Continua invece a chiedere un antidolorifico per le feritine da decubito ma nessuno lo ascolta e così passa la notte in bianco.

La mattina dopo, al giro delle visite, una dottoressa genere mastino che neanche ascolta le sue parole, gli fa somministrare un farmaco simile alla morfina e all'obiezione dei parenti che il dolore è soltanto relativo alle sue feritelle superficiali risponde che NON E' VERO QUELLO CHE DICE IL PAZIENTE E SICCOME SECONDO LEI IL PAZIENTE E' GRAVE I DOLORI SONO DI ALTRO GENERE.

Allora : all'HOSPICE c'é un medico che cerca di convincere i pazienti a farsi ammazzare perché è per il loro bene, all'RSA c'è un'infermiera pazza che decide lei come somministrare i farmaci (tipo e dosi), alla GERIATRIA dell'INRCA c'è invece una dottoressa col dono della "veggenza" che riesce a "vedere" dove il malato ha dolore indipendentemente da ciò che sente e ciò che dice.

Quindi tre strutture hanno tra i  loro dipendenti almeno un azzeccagarbugli ovvero una sicura garanzia di professionalità per i malati!

Così la Sanità italiana continua a tagliare i posti letto e gli ospedali (o le strutture sanitarie in genere) o riescono a  rispedire a casa loro i malati (o a "sbolognarli" ad un'altra struttura) o li ammazzano.

Certo l'Italia (la chiamavano il Bel Paese) è ormai un paese da evitare anche per le vacanze: per una storta al piede se vai in Ospedale potresti anche non uscirne più (vivo s'intende).

In meno di una settimana è successo l'inevitabile: i farmaci utilizzati hanno bloccato definitivamente i reni, le "feritelle" si sono infettate, il paziente è morto soffrendo perchè i medici non ritenevano "appropriato" dargli un materasso antidecubito per il dolore, non riusciva più a muoversi né a parlare, mani e piedi gonfi da far paura, riusciva solo a piangere... Al momento di dargli qualcosa (era ormai necessario!) per non farlo soffrire si sono rifiutati...

Da tutto questo emerge un quadro desolante : sanitari disumani e incapaci (medici, infermieri, OSS e quant'altro) che pensano solo al "27", strutture che pensano solo a come risparmiare cominciando con l'eliminazione di chi ha bisogno e non si può difendere.

Non ci sono parole per descrivere tutto questo.


NB Chi volesse sapere chi sono le strutture ed il personale sanitario di cui si parla può scrivermi tranquillamente: sarò ben felice di poter evitare a qualcun altro lo stesso dramma.