lunedì 28 ottobre 2013

RSA e HOSPICE in Italia: con licenza di uccidere

Questa è la vera storia di un anziano ottantaseienne malato e infermo che nessun ospedale vuole e che tutti cercano di eliminare.
Hospice - RSA


All'inizio della storia il nostro paziente viveva in casa da solo, si muoveva tranquillamente con le sue gambe, anche se lentamente, a volta con l'aiuto di un bastone. Un assistente a ore lo aiutava a lavarsi e vestirsi. Percepiva una pensione minima con la quale riusciva a malapena a sopravvivere.

Il suo calvario è  iniziato il primo di Febbraio quando, con una PSA in continuo aumento ed una prostata non più rispondente alle cure ormonali, l'urologo curante richiede una TAC addominale di verifica della situazione. Il referto viene definito dall'urologo "disastroso" e vengono invitati i familiari a desistere dalle cure perché "tanto ormai è solo questione di tempo".

Contemporaneamente, in seguito ad una emorragia vescicale, al pronto soccorso dell'ospedale viene messo al paziente un catetere vescicale. Da lì inizia a camminare con l'aiuto di un deambulatore al quale appoggia la sacca del catetere e ad avere una assistenza notturna con un costo pari ad 800 Euro al mese.

I familiari non sono comunque di quelli che si arrendono senza fare nulla e decidono di sottoporlo alla TERAPIA DI BELLA, naturalmente non riconosciuta dal SSN, con un costo mensile di circa 800 Euro ai quali si aggiungono altri 800 Euro mensili per l'assistenza notturna in casa.

Il paziente sta bene fisicamente finché, dopo quattro mesi di terapia, e varie altre corse al pronto soccorso dell'INRCA per ematuria (sangue nelle urine), viene ricoverato per una infezione vescicale e per anemia grave dovuta ai contini sanguinamenti. Gli esami rivelano anche che una precedente insufficienza renale si sta aggravando ma i medici sono dell'idea di non fare niente perché tanto "vista la malattia...". E' la metà di Giugno.

Ma i familiari insistono e riescono a fargli fare una ecografia che rivela una grave congestione ai reni. L'urologo interpellato consiglia di effettuare una stomìa renale (inserimento di un catetere nel rene per far defluire l'urina evitando il passaggio nella vescica) con l'accordo che, se il sistema avesse funzionato, avrebbe effettuato l'intervento anche sull'altro rene eliminando, a questo punto, il catetere vescicale che creava continue ematurie.

L'unità di medicina dell'ospedale, nel quale era stato nel frattempo spostato, decide però, di sua spontanea volontà, di non far effettuare il secondo intervento e ne dispone il trasferimento in HOSPICE, dicendo ai familiari che lì dovrà fare riabilitazione finché non sarà in grado di ritornare a casa.
Lo dimettono con due cateteri, pannolone permanente, lavaggio vescicale continuo e piaghe da decubito alla schiena. Data del trasferimento 5 Luglio presso l'Hospice.

Ben presto sia il paziente che i  familiari si rendono conto che "quello è un posto per malati terminali, dove il paziente non sarà mai rimesso in piedi, anzi..."

Cominciano spiacevoli episodi che danno adito a scontri dei familiari con infermieri e medici:
-  poiché il paziente guarda i programmi serali della tv viene dichiarato "insonne" e, qualche solerte infermiera decide di somminstrargli il LORAZAPAM provocandogli alterazioni nella percezione temporale (scambia improvvisamente i giorni, confonde la mattina col pomeriggio)  e catatonia, i familiari si accorgono del farmaco e chiedono all'infermiera di non usare più quel farmaco;
- dopo una settimana di antibiotici, tra l'altro il cibo spesso puzza e sembra avariato, il paziente comincia ad avere inappetenza, diarrea, vomito e mal di pancia:un medico molto solerte decide di somministrargli fiale di MORFINA rendendolo totalmente assente, nuovo intervento dei familiari, stavolta sui medici i quali, confessano candidamente di avere solo farmaci antidolorifici, per lo più pesanti, e di essere totalmente sprovvisti di fermenti lattici, l'unica cosa di cui aveva bisogno il paziente in quel momento.

E' chiaro ormai che essendo la permanenza media in HOSPICE di circa 27 giorni, poiché il paziente non risulta così terminale come dovrebbe essere, medici ed infermieri stanno cercando di accelerare il peggioramento delle sue condizioni di salute. 

Dulcis in fundo, il medico che aveva prescritto la MORFINA, non contento dei danni provocati fino a quel momento, si presenta dal paziente, dicendogli che i suoi familiari vogliono farlo stare male ma lui non è tenuto ad ascoltarli perché loro (i medici) stanno lì apposta per non farlo soffrire.

Nuovo colloquio, stavolta col responsabile della struttura, il quale ammette che il paziente non solo non è terminale ma non doveva neanche essere mandato lì quindi lo terranno in HOSPICE finché i familiari non si attiveranno per trovare un'altra soluzione. E' la metà di Agosto.

I familiari si incontrano col medico di base del paziente e con le assistenti sociali che suggeriscono un trasferimento in RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) per avere questa riabilitazione che serve per poterlo riportare a casa. Il 5 Settembre viene trasferito in RSA (all'interno dello stesso ospedale) con la richiesta specifica di riabilitazione.

Tale struttura prevede che farmaci, sacche dei cateteri, pannoloni e traverse siano pagate dai malati. Inoltre, dopo due mesi di permanenza scatta il pagamento di una retta di 33 Euro al giorno.

Purtroppo l'ospedale è lo stesso, le terapeute sono le stesse, la caposala è la stessa e tutte d'accordo dichiarano di non poterlo rimettere in piedi perché con i massaggi ed i piegamenti il paziente lamenta dei dolori: sfido io dopo quattro mesi che sta a letto senza muoversi e con le piaghe da decubito che lo costringono a stare in posizioni fisse!

Su insistenza dei familiari, in occasione del cambio mensile del catetere, viene richiesta una visita urologica che rivela solo una prostata dura e irregolare. Altri esami verranno svolti su marcatori vari che, comunque, danno valori sballati anche per una semplice infiammazione così come anche il valore della PSA. E' la fine di Settembre. (Dalla prima diagnosi infausta sono passati 8 mesi)

Passa qualche settimana, il paziente si lamenta per dei dolori intestinali dovuti ad aria nella pancia (gli davano da mangiare fagioli frullati!) ed un altro (sigh!) medico solerte decide di fargli applicare dei CEROTTI DI MORFINA "perché ormai la malattia..." ma nessuno ha mai più concesso la possibilità di fare una TAC per controllare la situazione. I familiari chiedono che venga sospesa la cura di oppioidi perché ritenuta non idonea al caso.

Il 9 Ottobre i familiari vengono convocati dallo staff della RSA per decidere la destinazione del paziente perché la RSA non può tener pazienti stabilizzati.  (Ma non erano nate per questo le RSA?)

Appurato, dal racconto della situazione relativa ai mesi precedenti al ricovero, che le sue patologie non gli consentono di essere seguito a casa, l'assistente sociale della RSA si offre di trovargli adeguata sistemazione in RP (Residenza Protetta). I familiari fanno un giro di telefonate: nessuna residenza è attrezzata nel modo giusto (serve quanto meno un infermiere a tempo pieno che sia in grado di provvedere a cambi di flebo, lavaggi...).

Con fare intimidatorio la "caposala" avverte anche i familiari che "il rifiuto della cura" comporta già da solo le dimissioni automatiche. I familiari fanno presente a questo punto che non c'è stato rifiuto della cura, bensì del farmaco, sicuramente tropo pesante per le necessità del paziente.

Ma non è finita qui. Una notte il paziente ha sofferto di attacchi di panico ed il medico di turno gli ha prescritto XANAX (benzodiazepine pesanti) al bisogno. Fortunatamente non ha avuto più attacchi di panico ma c'è un problema.

Il paziente,  un anziano di ottantasei anni, è, al momento, portatore di due cateteri (vescicale e renale), con protesi all'anca, pannolone permanente, allettato da quattro mesi, con piaghe da decubito e bisognoso di lavaggio vescicale continuo. Ma non ha dolori particolari, tranne alle articolazioni quando viene girato per le pulize, ed ha condizioni generali buone. Buona la funzione renale, in via di sistemazione l'anemia.

Se non lo "drogano" è vigile e sveglio: mangia normalmente, parla, fa i cruciverba, guarda la televisione; in una parola: vive.
E' questo che forse dà fastidio ad una infermiera (l'unica) che quando è di turno gli somministra sempre lo XANAX mescolandolo con la PARACODINA, che dovrebbe prendere per la tosse in caso di necessità.
Tra l'altro a lui dice che si tratta di gocce per la tosse, mentre ai familiari, che l'hanno colta sul fatto, ha detto che servono per farlo stare tranquillo (ma lui dorme tranquillamente da solo).

Anche nelle RSA quindi, il personale sanitario cerca (con MORFINA e BENZODIAZEPINE) come negli HOSPICE, di eliminare i malati che hanno troppo bisogno d cure e impegno da parte del personale.

I familiari sono disperati ed esasperati, non si fidano più di nessuno, e vogliono fare una denuncia generale anche perché hanno paura che prima o poi riusciranno nell'intento di eliminarlo. Come si può risolvere il problema? Quali strutture possono intervenire evitando che vengano fatte poi pressioni sul malato? (Vedi il caso HOSPICE)

Quanti reati hanno commesso queste strutture nel trattamento di questo paziente e dei loro familiari?
Hanno detto il falso, hanno tentato di eliminarlo, hanno tentato di intimidirlo/i, è questo il trattamento a cui va sottoposto un malato?
In questo caso i familiari vigilano e qualcosa riescono a contrastare ma quanti pazienti sono morti a causa della fiducia dei familiari che si fidano ciecamente di medici e  infermieri?

E' questa la fine che attende tutti gli anziani che vengono spediti in HOSPICE o RSA dagli ospedali che non li vogliono curare? Diventare terminali per forza per liberare la società del loro peso? Essere uccisi perché costano troppo alla Sanità?

Come fidarsi ancora di medici, infermieri e Ospedali?

Ma la MEDICINA non ERA quella scienza che studiava il modo di curare le malattie? ERA sì perché ora è diventata la scienza che studia il modo di uccidere le persone (malati e non).

Ed RSA ed HOSPICE sono strutture con licenza di uccidere dove viene praticata sistematicamente l'eliminazione dei più deboli(i malati) peggio che nei lager nazisti.

Ma è per questo che sono nati HOSPICE ed RSA?

N.B. La storia è rigorosamente  vera anche se, per la Privacy, sono stati omessi nomi e luoghi.

Naturalmente la storia non è finita qui perché i familiari si sono poi  rivolti al Tribunale per i Diritti del Malato sperando in un intervento reale, ma tant'é, tralasciando completamente il problema, quelli inviano una lettera all'RSA senza neanche richiedere chiarimenti quasi fosse una mera comunicazione. Col risultato che quando l'RSA chiama quelli del Tribunale del Malato per un incontro, si può permettere di dare spiegazioni che non stanno né in cielo né in terra dimostrando anche loro di non aver capito niente (forse che nessuno dei tanti sappia leggere l'italiano?).

Nel frattempo, mentre loro si trastullavano con lettere e letterine,  i farmaci incriminati sono stati definitivamente sospesi ma, l'infermiera pazza colpisce ancora e stavolta in maniera pesante, complice infatti un blocco del drenaggio della stomìa renale, nell'arco di due giorni il paziente corre il rischio di andare all'altro mondo.

Intuendo che qualcosa non quadra (non mangia da tre giorni e sta diventando di un colore grigiastro) i medici lo spediscono all'Ospedale più vicino (tra l'altro lamenta forti dolori alle piaghe da decubito) per un controllo alla nefrostomia ed una consulenza generale. Dopo sei ore di anticamera in tre reparti diversi quelli cambiano il catetere della stomia, la sacca e lo rispediscono all'RSA.

ùNé all'INRCA né all'RSA sapevano (?) che quel catetere va sostituito entro tre mesi dal posizionamento.

Ma il paziente continua a stare male (si stava infatti accumulando il farmaco nel suo organismo visto che i reni non producevano più urina) ed i medici dll'RSA, nel pomeriggio, decidono di chiamare il 118 e mandarlo per sicurezza a fare un controllo al'INRCA (dove tra l'altro aveva fatto l'intervento).
Lo visita un medico "serio" che esegue subito esami del sangue, ecografie e radiografie. Accerta che la stomìa renale funziona ma che la sua malattia nel tempo è un po' peggiorata. Decide comunque di tenerlo in osservazione per la notte per poi trasferirlo in qualche reparto il giorno dopo.

Il pomeriggio successivo la dottoressa di turno al Pronto Soccorso chiama i famigliari chiedendo se vogliono riportarlo in RSA o trasferirlo in qualche reparto perché loro devono liberare il letto (come se fosse un sacco di patate!). I famigliari obiettano che non è possibile riportarlo in RSA perché dopo solo una notte di permanenza non si può dire che il paziente sia stabilizzato e, poiché l'RSA non è attrezzata per le emergenze, è preferibile tenerlo ancora qualche giorno in reparto.

Tra l'altro i famigliari la sera stessa, parlando con una dottoressa dell'RSA, scoprono che nel periodo natalizio, fino alla Befana, la struttura è completamente sguarnita di medici e c'è solo il medico di guardia per le emergenze. La stessa dottoressa fa inoltre presente che, poiché il paziente non può più essere definito "stabile", l'RSA non è più la soluzione adatta per lui.

DOMANDA : Qual'è a questo punto la soluzione adatta?

Nel frattempo il Pronto Soccorso ha trasferito il paziente in Geriatria sempre all'interno dell'INRCA. Le stanze sono pressoché invivibili, piccolissime, due letti appiccicati, due comodini, due sedie , un tavolo appiccicato ad un letto, l'armadietto nell'antibagno. Non c'è neanche il posto per mettere una sdraio per l'assistenza notturna:

La prima pillola che portano naturalmente é il TAVOR (benzodiazepine) ma il paziente dorme già ed i famigliari, visto che col TAVOR la notte precedente ha avuto gli incubi, chiedono di non dargliela. Continua invece a chiedere un antidolorifico per le feritine da decubito ma nessuno lo ascolta e così passa la notte in bianco.

La mattina dopo, al giro delle visite, una dottoressa genere mastino che neanche ascolta le sue parole, gli fa somministrare un farmaco simile alla morfina e all'obiezione dei parenti che il dolore è soltanto relativo alle sue feritelle superficiali risponde che NON E' VERO QUELLO CHE DICE IL PAZIENTE E SICCOME SECONDO LEI IL PAZIENTE E' GRAVE I DOLORI SONO DI ALTRO GENERE.

Allora : all'HOSPICE c'é un medico che cerca di convincere i pazienti a farsi ammazzare perché è per il loro bene, all'RSA c'è un'infermiera pazza che decide lei come somministrare i farmaci (tipo e dosi), alla GERIATRIA dell'INRCA c'è invece una dottoressa col dono della "veggenza" che riesce a "vedere" dove il malato ha dolore indipendentemente da ciò che sente e ciò che dice.

Quindi tre strutture hanno tra i  loro dipendenti almeno un azzeccagarbugli ovvero una sicura garanzia di professionalità per i malati!

Così la Sanità italiana continua a tagliare i posti letto e gli ospedali (o le strutture sanitarie in genere) o riescono a  rispedire a casa loro i malati (o a "sbolognarli" ad un'altra struttura) o li ammazzano.

Certo l'Italia (la chiamavano il Bel Paese) è ormai un paese da evitare anche per le vacanze: per una storta al piede se vai in Ospedale potresti anche non uscirne più (vivo s'intende).

In meno di una settimana è successo l'inevitabile: i farmaci utilizzati hanno bloccato definitivamente i reni, le "feritelle" si sono infettate, il paziente è morto soffrendo perchè i medici non ritenevano "appropriato" dargli un materasso antidecubito per il dolore, non riusciva più a muoversi né a parlare, mani e piedi gonfi da far paura, riusciva solo a piangere... Al momento di dargli qualcosa (era ormai necessario!) per non farlo soffrire si sono rifiutati...

Da tutto questo emerge un quadro desolante : sanitari disumani e incapaci (medici, infermieri, OSS e quant'altro) che pensano solo al "27", strutture che pensano solo a come risparmiare cominciando con l'eliminazione di chi ha bisogno e non si può difendere.

Non ci sono parole per descrivere tutto questo.


NB Chi volesse sapere chi sono le strutture ed il personale sanitario di cui si parla può scrivermi tranquillamente: sarò ben felice di poter evitare a qualcun altro lo stesso dramma. 

32 commenti:

  1. Le famiglie dovrebbero richiedere più spesso ai loro Comuni aiuti di questo tipo:

    http://www.levantenews.it/index.php/2014/09/20/rapallo-mobilita-gratuita-ai-diversamente-abili-anche-a-santa-e-zoagli/

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  2. E' assolutamente una vergogna: gli Enti pubblici dovrebbero intervenire, ma mi meraviglio più che altro delle famiglie. Le persone che dovrebbero stargli vicino forse non hanno pensato che un giorno saranno vecchie anche loro e magari avranno bisogno di aiuto? Nella vita tutto torna: credo ci sia una giustizia terrena, ma anche divina. Ho invece letto di questa iniziativa. E' interessante. Anche iniziative così, però, non bastano per difendere gli anziani molte volte dai loro stessi familiari. Che vergogna. http://www.fanoinforma.it/Cronache/art34613/15_aprile_13/Pesaro_pesaro_presentazione_del_progetto_di_mobilita_gratuita_per_disabili_e_persone_in_difficolta.html

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    1. Mi scusi ma la sua risposta non è chiara a quali famiglie si riferisce e che cosa dovrebbero fare?

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  3. Anche io conosco questo progetto!!! Mio nonno ne usufruisce, io sono di Bologna e voi?


    http://www.bolognatoday.it/cronaca/uildm-fiat-doblo-trasporto-disabili-imprese-bologna.html

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  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  5. posso solo dire che mi è capitata una esperienza simile in un Hospice e che il racconto sembra identico a quello descritto con la differenza che i familiari sono stati ingannati perché non sapevano (gli era stata descritta una situazione totalmente diversa in modo da indurli in errore e firmare la liberatoria per ricovero)

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  6. lavoro in un hospice da oltre otto anni e giuro che tutto questo orrore che viene descritto non l'ho mai visto. Non ho neanche letto tutto perchè mi sembra veramente assurdo....
    Normalmente gli hospice non accettano pazienti che non abbiano una certezza di diagnosi oncologica e una prognosi infausta, un indice di karnofski inferiore a 40 e una sopravvivenza stimata inferiore a 90 giorni. Il piano terapeutico viene concordato sia con il paziente che con i familiari, i farmaci non sono somministrati se non c'è una prescrizione medica. Certo non si fa riabilitazione, ma questo viene chiaramente spiegato ai familiari al momento del colloquio pre-ingresso. E comunque, scusate, ma un catetere vescicale non provoca "continui sanguinamenti". L'ematuria è data da patologie vescicali o renali importanti. E lo xanax o alprazolam è la benzodiazipina più adatta agli attacchi di panico, non fa dormire nè genera confusione

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    1. scusate ho postato il mio commento in modo anonimo, ma non era nelle mie intenzioni. Credo fermamente nelle cure palliattive, nella terapia del dolore e in tutto ciò che gli hospice fanno per dare dignità di vita ai malati terminali

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    2. scusate ho postato il mio commento in modo anonimo, ma non era nelle mie intenzioni. Credo fermamente nelle cure palliattive, nella terapia del dolore e in tutto ciò che gli hospice fanno per dare dignità di vita ai malati terminali

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  7. lavoro in un hospice da oltre otto anni e giuro che tutto questo orrore che viene descritto non l'ho mai visto. Non ho neanche letto tutto perchè mi sembra veramente assurdo....
    Normalmente gli hospice non accettano pazienti che non abbiano una certezza di diagnosi oncologica e una prognosi infausta, un indice di karnofski inferiore a 40 e una sopravvivenza stimata inferiore a 90 giorni. Il piano terapeutico viene concordato sia con il paziente che con i familiari, i farmaci non sono somministrati se non c'è una prescrizione medica. Certo non si fa riabilitazione, ma questo viene chiaramente spiegato ai familiari al momento del colloquio pre-ingresso. E comunque, scusate, ma un catetere vescicale non provoca "continui sanguinamenti". L'ematuria è data da patologie vescicali o renali importanti. E lo xanax o alprazolam è la benzodiazipina più adatta agli attacchi di panico, non fa dormire nè genera confusione

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  8. Se quanto la Sig.ra Fornesi dice fosse vero, vorrebbe dire che in Italia non tutti gli hospice funzionano alla stessa maniera. Ma ho i miei dubbi. Quando i medici ti dicono che gli unici farmaci che possono usare sono benzodiazipine e morfina anche per curare una semplice diarrea (curabilissima con fermenti lattici e/o disinfettanti intestinali) qualcosa che non va indubbiamente c'è. Quando ti dicono che il paziente in hospice "soggiorna" per un periodo medio di 27 giorni e non può superare i 90, altrimenti lo mandano via (a casa o in altra struttura) qualche problema c'è. Se i medici ti dicono che devono osservare rigidi protocolli di somministrazione di benzodiazipine e morfina indipendentemente dalla causa che ha generato dolore (una neoplasia per loro è come un mal di denti) allora queste non sono "cure palliative", ma sistemi programmati per l'eliminazione del paziente.
    Un paziente anziano allettato e bisognoso di continue cure e assistenza è un costo elevato per la sanità (che ironia!), allora meglio eliminarlo!
    Contano sul fatto che i parenti spesso non hanno conoscenze mediche e possono giustificare come vogliono "peggioramenti improvvisi del quadro sintomatologico", "mancata risposta alla terapia", "improvvise ed inspiegabili complicazioni non risolvibili".
    Basterebbe leggere i bugiardini dei farmaci che, con tanta leggerezza somministrano, per trovare tutte le complicazioni sopravvenute tra gli effetti collaterali più comuni. Ciò vuol dire che tutto quello che danno serve a raggiungere uno scopo ben preciso: eliminare il paziente nel minor tempo possibile, senza clamori e soprattutto senza rischi di denunce (basta non registrare i farmaci che vengono somministrati).
    Nei giornali a volte queste storie sono riportate ma, a volte, non significa che sono rari casi, significa invece che il più delle volte, purtroppo, si tende a credere a quello che i medici dicono e a sopire i dubbi anche sulle cose inspiegabili quando sarebbe meglio andare a fondo e così si rinuncia alle denunce.
    Xanax e benzodiazipine mescolate possono indurre il coma, c'è scritto sui bugiardini, non è fantasia.
    E allora hospice, RSA e ospedali per gli anziani hanno tutti le stesse caratteristiche.
    I medici che ci lavorano hanno dimenticato il giuramento di Ippocrate e non svolgono più il loro lavoro: curare per eliminare la malattia (altrimenti il malato non torna più); oggi il loro lavoro consiste nella cura dei sintomi che spesso è anche molto conveniente (viaggio premio a fine anno se il medico ha somministrato un tot di certi farmaci, % sulle vendite dei farmaci prescritti e vari altri benefits). Tutte queste cose le leggiamo tranquillamente sui giornali.
    Anche se in Italia dovesse essere approvata la legge sull'eutanasia, (sono cattolica osservante e per me questo sarebbe comunque un omicidio) questa dovrebbe essere comunque concordata col paziente se cosciente, o coi parenti se incosciente, mai per iniziativa di qualche baldanzosa infermiera arrivista coperta da medici compiacenti!
    Mi scuso per il lungo commento, ma quei pochi medici e infermieri/e seri rimasti che lavorano in queste strutture dovrebbero, a mio avviso, cercarsi lavoro da un'altra parte.

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  9. Gentile Sig.ra Moreschi, mi permetto di risponderle un'altra volta perchè, come ho già detto, credo fermamente nelle cure palliative e nella Legge 38 del 2010 che le ha regolamentate.
    Parlo solo di hospice perchè è una realtà in cui vivo quotidianamente; non conosco affatto invece le RSA, quindi in merito a ciò che Lei racconta non posso esprimermi.
    Le dò, per Sua conoscenza, le definizioni della Legge 38/10:
    MALATO Per malato si intende la persona affetta da una patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per la quale non esistono terapie o, se esse esistono, sono inadeguate o sono risultate inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita, nonché la persona affetta da una patologia dolorosa cronica da moderata a severa.
    (Legge 38/1 Art. 2-Definizioni)

    CURE PALLIATIVE
    Per cure palliative si intende l'insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici.
    (Legge 38/1 Art. 2-Definizioni)

    Le Cure Palliative sono la cura attiva e globale prestata al paziente quando la malattia non risponde più alle terapie aventi come scopo la guarigione.
    Il controllo del dolore e degli altri sintomi, dei problemi psicologici, sociali e spirituali assume importanza primaria.
    Le Cure Palliative hanno carattere interdisciplinare e coinvolgono il paziente, la sua famiglia e la comunità in generale.
    Il loro scopo non è quello di accelerare o differire la morte, ma quello di preservare la migliore qualità della vita possibile fino alla fine.
    (European Association for Palliative Care - EAPC)

    HOSPICE
    È un luogo d’accoglienza e ricovero finalizzato a offrire le migliori Cure Palliative alle persone malate e ai loro familiari quando non possono essere attuate le cure al domicilio.
    Prevede anche ricoveri temporanei per il sollievo alle famiglie impegnate nell’assistenza.

    TERAPIA DEL DOLORE
    La Terapia del Dolore è l’insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti a individuare e applicare alle forme morbose croniche idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro variamente integrate, allo scopo di elaborare idonei percorsi diagnostico-terapeutici per la soppressione il controllo del dolore.
    (Legge 38/1 Art. 2-Definizioni)

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    Risposte
    1. "MALATO Per malato si intende la persona affetta da una patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per la quale non esistono terapie o, se esse esistono, sono inadeguate o sono risultate inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita, nonché la persona affetta da una patologia dolorosa cronica da moderata a severa."

      In questo caso come già detto non esisteva nessuna patologia ad andamento cronico ed evolutivo, (due PET con colina e due scintigrafie avevano dato esito negativo, delle due l'una o erano falsi i risultati o erano false le conclusioni dei medici) nè tanto meno era incurabile. Esistono oggi, grazie al cielo molte cure, soprattutto naturali e non invasive che possono migliorare la qualità di vita del paziente, allungare la vita stessa e spesso anche guarire. Certo essendo cure naturali non vengono ben viste dalla maggioranza dei medici che se non ti propinano sempre sostanze chimiche nocive non sono soddisfatti. Oltretutto quando è dimostrato scientificamente che certi farmaci sono solo nocivi.
      Non esisteva inoltre alcuna patologia dolorosa, almeno finché il paziente non ha avuto problemi renali, ma è successo in RSA.

      Per quanto sopra è chiaro che non servivano cura palliative (peraltro non concordate con i familiari) nè tanto meno l'Hospice che qui diventava solo un modo per la Sanità per eliminare velocemente un paziente "scomodo".
      Ribadisco inoltre che lì l'unico farmaco utilizzato per il dolore era la morfina alla faccia della terapia del dolore.

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  10. Lei parla nel suo primo post di un referto di TAC "disastroso".
    Ma, mi permetta, non esiste la definizione disatroso nel dizionario medico con cui si referta una TAC.
    Sarà stata formulata una diagnosi e da lì si sarà concordata con il paziente ed i familiari una terapia.
    In ogni caso qui si parla soltanto di urologi e NON di palliativisti.
    Per quanto riguarda il successivo ricovero in hospice non è stato certo imposto al paziente e ai familiari.
    Per essere ricoverati in hospice è necessario avere determinati requisiti che sono oggettivi; non si accede all'hospice senza diagnosi certa di patologia incurabile, con un indice di Karnofsky superiore a 40, con una sopravvivenza stimata superiore ai 90 giorni.
    E questo non significa che dopo 90 giorni il paziente viene per forza dimesso al domicilio o presso altra struttura.
    Il ricovero può essere prolungato senza nessun costo per l'assistito o per i suoi familiari.

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    1. Certo "disastroso" era il commento dell'urologo.
      Il ricovero in Hospice non è stato concordato, ma "venduto" ai familiari come luogo di riabilitazione, visto che il paziente era allettato da 15 giorni.
      Solo all'arrivo in Hospice i familiari si sono resi conto della realtà ed hanno cercato in tutti modi di portarlo via da lì riuscendoci però solo dopo tre mesi e tanti guai.
      Ribadisco che dall'Ingresso in Hospice il paziente è vissuto ancora SEI MESI anche qui in netto contrasto con tutti i vostri indici. E la storia dei 90 giorni non è inventata ma documentata da una conversazione avuta dai familiari
      con un medico della struttura.

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    2. per essere dimessi è sufficiente chiederlo, nessun medico può obbligare un pz a rimanere....

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    3. gentile Barbara, quindi lei mi conferma che non possono dimettere un paziente ricoverato in hospice anche dopo 90 giorni? mia madre è in hospice da circa 60 giorni e stanno facendo pressioni per farla portare a casa, soluzione impobssibile per diversi fattori, e anche oggi mi hanno mndato a chiamare per ribadire la loro volontà di dimetterla, dicono che è stabile adesso ma sinceramente non mi sembra proprio, 2 tumori con metastasi allettata da 3 mesi e bronchite ..... grazie per la risposta Paola

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  11. Prima di ogni ricovero in hospice viene effettuato un colloquio con il care giver del paziente. Vengono ampiamente illustrate le caratteristiche della struttura e le attività che vi sono svolte.
    Nessun hospice promette di "effettuare riabilitazione finchè il paziente non sarà in grado di tornare a casa".
    Durante il colloquio viene richiesta al care giver l'accettazione del ricovero e del successivo piano di cure.

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    1. L'Hospice in questione, lo ripeto ancora, era stato presentato come la struttura più idonea per fare riabilitazione, poi si è scoperto, come giustamente aveva notato lo stesso paziente, che in realtà era "un posto dove le persone andavano a morire" anche perché lì "le persone entravano con le gambe loro un giorno e circa una settimana dopo uscivano dentro una bara. E le facevano uscire in piena notte quando pensavano che tutti i pazienti fossero ormai addormentati."
      Non è stato svolto alcun piano di cure anzi, sono state tolte anche quelle che il paziente prendeva perché loro non le avevano.

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    2. non è colpa dei palliativisti se i medici dell'ospedale hanno venduto l'hospice come un centro di riabilitazione.
      Giuro non ho mai visto un pz deceduti uscire in piena notte.... la morte è un evento naturale e non viene nascosta

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  12. quindi il ricovero non può essere imposto dall'ospedale dove il malato si trova, nè dal medico curante. Viene semplicemente proposto come alternativa più che valida al ricovero ospedaliero o alle cure domiciliari quando queste diventano troppo gravose per la famiglia che assiste il malato

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    1. Il ricovero in Hospice, che i familiari non sapevano proprio cosa fosse, è stato proposto, lo ripeto ancora (spero per l'ultima volta), come un ospedale dove poter fare riabilitazione e poter così, nel giro di 15-20 giorni, tornare al proprio domicilio.
      Sicuramente questa "alternativa più che valida" come la chiama lei giova solo al sistema sanitario, al paziente infatti non giova per nulla visto che neanche gli danno le medicine che dovrebbe prendere!
      Le cure domiciliari più che troppo gravose, perché uno per un familiare farebbe di tutto per aiutarlo, spesso non sono praticabili perché poi all'occorrenza non c'è possibilità di soluzione di eventi straordinari. (Il tempo medio di attesa al pronto soccorso, con emorragia in corso segnalata con cartellino verde, era di circa 6 ore... come dire che il paziente se non era più che robusto poteva anche morire nell'attesa...).

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  13. mi permetto ancora di aggiungere che non è affatto vero che in hospice siano presenti solo farmaci antidolorifici. Semplicemente non vengono somministrati quei farmaci che non sono più necessari al paziente per migliorare significativamente la sua salute e la sua qualità di vita.

    Dire che gli hospice sono strutture con licenza di uccidere e dove viene praticata sistematicamente l'eliminazione dei più deboli mi sembra assolutamente falso, inadeguato ed offensivo nei confronti di tutti i medici, infermieri, oss, fisioterapisti e tutticoloro che quotidianamente sono al fianco di chi soffre e cercano di "dare vita ai giorni e non giorni alla vita" (cit. Rita Levi Montlcini)

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    1. E quali sono i farmaci non più necessari al paziente: quelli che lo fanno stare meglio e rischiano di allungargli la vita? Se un paziente ha la diarrea da colite ed ha bisogno di farmaci è normale negargli i fermenti lattici, che gli toglierebbero i dolori facendolo stare meglio, per dargli la morfina che gli toglierebbe i dolori, ma non risolverebbe il problema (con conseguente aumento della dose) e peggioramento di tutto il quadro clinico?
      Tra l'altro la morfina accorcia la vita, i medici dovrebbero avvertire i pazienti prima di somministrarla con tanta leggerezza.

      Rita Levi Montalcini ha risposto a qualcuno che ha capito oppure ha provato direttamente, magari con un familiare o comunque una persona vicina, qual'è la vera realtà degli Hospice: strutture dove viene praticata tranquillamente l'eutanasia ancora proibita in Italia. E non credo che sia offensivo per medici e infermieri dire chiaramente come stanno le cose. O vogliamo chiudere la bocca a tutti quelli che hanno occhi per vedere, orecchi per sentire e coraggio ( o disperazione) sufficiente per denunciare questi fatti?

      Certo è che se uno si deve liberare elegantemente di un parente scomodo allora l'Hospice è la struttura più adatta ma per chi ci tiene ai propri familiari sicuramente non è la soluzione giusta.

      Chi lavora in queste strutture (che credo operino tutte allo stesso modo anche se, qualcuna, potrebbe, almeno in apparenza, presentarsi in maniera diversa) dovrebbe andare al di là di quello che dicono le leggi e cercare di capire cosa realmente si fa all'interno di un Hospice e come realmente vengono "curati" i pazienti. Mettere la testa sotto terra come gli struzzi, annullando la propria coscienza, nascondendosi dietro leggi, definizioni, questionari, protocolli e quant'altro, non serve né a loro né ai pazienti.

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    2. non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire

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  14. A una mia cara conoscente sta succedendo la stessa cosa. E' entrata in hospice a Roma che camminava e non aveva ancora metastasi e dopo circa 14 giorni é peggiorata tantissimo tanto che si parla di morte. A me questo sembra assurdo e mi viene il sospetto che la stiano uccidendo!!! Per favore segnalatemi tutti i casi analoghi perché il sispeffo è forte!

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    1. c'ė poco da segnalare. L'ospice ė una trappola mortale. La magistratura ė incapace di penetrare questo circuito sanitario blindato. Vi ė da chiedersi quanti soldi pubblici che noi paghiamo prendono dallo stato per ogni malcapitato che eliminano ? Qualcuno mi aiuti. Grazie. La forensi esclusa.

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  15. Si,penso anch'io che negli hospice non.essendo controllati da nessuno viene accelerata la morte,e' uno schifo!

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  16. Mio padre ha un coma profondo perché fu investito da un camion sta all'ospedale Perinei di Altamura i parametri vitali sono buoni non è né ventilato e ne sedato ora me lovoogluono spostste in hosoice ho in rsa come posso fare ad evitare questa morte aiutaemi

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  17. E allora dimouo.denunciare l'ospedale che vuole portare il paziente in hosoice ho in rsa e possibile denumciarlo

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